Lexus ha usato la 911 come riferimento per la sua coupé da 477 Cv. Un pizzico di LFA potrebbe rendere più gustoso il menù
Lexus LC500
La versione Sport+ con il differenziale autobloccante consente di accelerare prima con effetti positivi in percorrenza di curva
SONO UN GRANDE fan della 911. Adoro come si guida. Sta parlando Koji Sato, capo ingegnere del progetto LC, nonché l’uomo che deve traghettare Lexus nell’Olimpo delle auto più coinvolgenti alla guida. Ammiro le sue ambizioni. Sato dice che il suo team abbia preso come riferimento il feeling di sterzo della 911, oltre alla Lexus LFA – che comunque secondo noi non si colloca tra le migliori supercar del segmento. Ad ogni modo Lexus non è riuscita a realizzare prodotti all’altezza della LFA nei sei anni successivi a quando evo l’ha guidata per la prima volta. Sono state presentate un paio di versioni F che non hanno convinto del tutto, ma questa volta dovrebbe essere diverso.
Prima di tutto Lexus ha avuto tutto il tempo per farlo – la concept car LF-LC si è vista per la prima volta cinque anni fa, mentre la LC coupé definitiva è arrivata circa un anno fa. Cosa avranno mai fatto nel frattempo? La risposta arriva da un’auto sicuramente riuscita, anche se non eccellente. In alcune tinte fa girare la testa al suo passaggio. E mentre il frontale è talmente bello da sembrare quasi disegnato da Dr Jekyll, la coda, con il suo miscuglio di linee, potrebbe quasi essere il frutto del lavoro di Mr Hyde. Non mancano comunque dettagli deliziosi. E’ davvero difficile distogliere lo sguardo dalle appendici aerodinamiche frontali posizionate così in basso davanti alle ruote da far sentire lo sfregamento tra gomma e metallo mentre stai superando un dosso artificiale (è non vorresti proprio sentirlo – si tratta comunque di una Lexus).
Anche i sottili fari a tripo led e la particolare forma dei gruppi ottici posteriori, sempre a led, sono molto belli da vedere. L’enorme griglia frontale a nido d’ape è invece incastonata nel lungo cofano bombato che si fonde magistralmente con il parabrezza, mentre i montanti integrano delle specie di alette per deviare il flusso d’aria e ridurre di conseguenza il rumore aerodinamico. Delizioso. Ma non quanto la bella notizia che sotto il cofano c’è un V8 ancora più prezioso. E ti accorgi subito che non ci sono targhette con scritto “turbo” o “biturbo”, niente di tutto ciò nel caso di Lexus. E’ una rarità di questi tempi. Sarà stata un’idea di Sato? Probabilmente avrà pensato al suo capo.
Akio Toyoda non è solo presidente e CEO di Toyota Motor Corporation, è anche a capo del marchio Lexus e, più importante ancora, un collaudatore. Quindi la cura artigianale non riguarda solo i ragazzi che si occupano di cucire i pellami dell’abitacolo della LC, ma è estesa anche ai collaudatori che hanno sviluppato l’auto – compreso il capo. In particolare questo V8 impiega lo stesso monoblocco di GS F e RC F, anche se tutto il resto è stato cambiato. Il risultato sono 477 Cv a 7.100 giri e 540 Nm di coppia a 4.800 giri. Cè anche un nuovo cambio automatico a 10 marce (sì, proprio dieci) e, nella versione Sport+, il differenziale autobloccante, le ruote posteriori sterzanti e l’aerodinamica attiva.
Il listino include comunque anche la LC500h, con il suo V6 di 3,5-litri e il complesso sistema ibrido (che sfrutta una combinazione tra il cambio a variazione continua CVT e un automatico a 4 marce) ma, a meno di non essere patiti di tecnologia, è meglio optare per il V8. Soprattutto tenendo conto che l’ibrida è più lenta, costa più o meno uguale e non ha certo lo stesso sound. Quest’ultimo è un altro punto a favore della LC – pare che Sato abbia sviluppato e intonato il sound di scarico ispirandosi alla Maserati GT. Altre concorrenti che le piacerebbe citare? “Il bilanciamento della Bmw Serie 6, ma non c’è molto della Jaguar F-Type nella LC: è molto agile e pronta nella risposta, ma noi non eravamo alla ricerca di quel tipo di comportamento” sostiene Sato.
Sopra: l’interno è rifinito con cura, ma con alcuni dettagli discutibili, come i devioluci che spuntano dalla palpebra del quadro strumenti A destra: il pezzo forte è il V8 aspirato di 5 litri e 477 Cv che ama girare in alto
Ma tornando alla 911 – qualcuno potrebbe dire che sia uno strano punto di riferimento visto che la LC incarna in fin dei conti il concetto di gran turismo. A maggior ragione considerando che si tratta della prima vettura a usare la nuova piattaforma GA-L (Global Architecture Luxury), che sarà la base di partenza per la prossima berlina e tutte le Lexus a trazione posteriore che saranno presentate in futuro. Ma c’è una buona notizia: la LC500 è davvero una bella macchina – in un’ottica più da gran turismo rispetto alla 911. E Lexus lo sa perfettamente, infatti ci ha portato sul Circuito Monteblanco nel sud della Spagna. La pista e le GT stradali non sempre vanno d’accordo, ma la LC se la cava bene sulle curve e i brevi rettilinei di Monteblanco, soprattutto tenendo conto dei 1.970 kg di peso a secco. Basta tenere su di giri il motore per essere letteralmente proiettati fuori dalle curve, mentre la colonna sonora diventa più coinvolgente man mano che salgono i giri.
Con l’elettronica in Sport+, c’è un po’ di slittamento delle ruote posteriori prima che l’elettronica intervenga per riallineare il retrotreno, e nel caso della versione Sport+, con differenziale autobloccante e ruote posteriori sterzanti, si possono disegnare traiettorie più redditizie accelerando con un po’ di anticipo. Bisogna solo avere l’accortezza di tenere il motore su di giri, altrimenti si deve tener conto di un minimo di ritardo prima che arrivi tutta la potenza. In modalità manuale, usando i paddles, il cambio a 10 marce è veloce – la frizione a dischi multipli si comporta come un cambio a doppia frizione, sostiene Lexus. Le prime nove marce sono spaziate per esaltare la progressione e le cambiate avvengono dando un piccolo calcio che rende la progressione più coinvolgente. Lo sterzo potrebbe essere un po’ più pronto e garantire un feeling migliore.
C’è un po’ di vuoto nella prima parte della sterzata – probabilmente per rendere meno impegnativa la guida in autostrada – ma poi si riscatta con una risposta progressiva, pur se non garantisce un contatto così intimo nella guida in pista. Non è come sulla 911. Mi spiace per Sato, ma è così. Fuori dalla pista la LC convince di più. I doppi bracci nella parte superiore e inferiore delle sospensioni anteriori e il retrotreno multilink assicurano un buon equilibrio tra comfort e bilanciamento in curva in qualsiasi programma di guida – Normal, Comfort, Eco, Sport oppure Sport+, con l’ultimo che è quello che preferisco. Le staffe di rinforzo nel vano motore assicurano una maggiore rigidità che produce effetti benefici.
Mantenere il motore alto di giri per una migliore risposta (e un sound più coinvolgente), aiuta ad innalzare il ritmo nel percorso di prova sulle colline dell’Andalusia. Ed è gratificante per una gran turismo. Nella migliore consuetudine Lexus, la LC garantisce il comfort necessario (la decima marcia lunga aiuta) per ascoltare l’impianto audio Mark Levinson – oppure Pioneer per le versioni base. La cura artigianale si nota nell’abitacolo, in particolare nei pannelli porta, caratterizzati dalle particolari maniglie che rappresentano una delizia minimalista. Purtroppo plancia e volante sono l’antitesi dell’ergonomia, con pulsanti sparsi alla stessa stregua dei pop corn sul pavimento di un cinema.
Le levette devioluci spuntano ai lati della palpebra del quadro strumenti, con la gestione dei vari programmi di guida da una parte e il controllo di trazione dall’altra, come se i designer non avessero trovato altri posti dove collocarli. Lexus avrebbe potuto ispirarsi al sistema iDrive Bmw per una più facile gestione del sistema di infotainment. Il quadro strumenti è più riuscito, con lo strumento principale in stile LFA circondato da altre informazioni mostrate da display con tecnologia TFT. Per fortuna questo non è l’unico elemento che rimanda alla LFA. La LC coinvolge infatti con la stessa magia con cui ti rapisce la LFA. Come la LFA non è certo perfetta, ma rappresenta una intrigante alternativa alle scelte più banali e scontate.
Porsche 718 Boxster S
La versione più prestazionale della scoperta di Stoccarda sfoggia un quattro cilindri turbo da 350 Cv Risultato: in pista non teme la Cayman, anzi…
A fianco: le ruote in lega da 20 pollici, in alternativa a quelle da 19” di serie, il doppio scarico centrale, identificativo della S e i gruppi ottici posteriori con tecnologia a led
CON L’ULTIMA evoluzione delle due posti a motore centrale, Porsche si riallaccia al passato e rispolvera la gloriosa sigla 718. Tre numeri fautori di una grande rivoluzione, il passaggio al motore 4 cilindri turbo, che nella sua veste più prestazionale “S” da 2.497 cc, sprigiona 350 cavalli a 6.500 giri e 420 Nm di coppia tra i 1.900 e 4.500. Al tatto sembrano ancora di più del dichiarato, grazie alla generosità della turbina a geometria variabile (VTG) specifica per la Boxster più “spinta”. Porsche è l’unico costruttore ad introdurre questa tecnologia – che combina i vantaggi di un turbocompressore piccolo e grande – nei veicoli di serie alimentati a benzina. Il nuovo propulsore è parecchio pronto ad assecondare i comandi del gas, mi convince particolarmente nella seconda parte del contagiri, dove sfoggia una pregevole progressione sino al limitatore tarato oltre i 7.000 giri.
Si fregia dell’iniezione diretta di carburante (DFI), VarioCam Plus e lubrificazione a carter secco (con coppa dell’olio in alluminio e non in materiale plastico come sulle ultime 911). Ad enfatizzare le notevoli prestazioni del boxer ci pensa il noto cambio a doppia frizione PDK, con sette rapporti e paddle solidali al volante giustamente dimensioni. La rapportatura ben si sposa con le curve del Nivola, e la velocità di cambiata è stupefacente: arduo pretendere di più! Finalmente anche la leva è settata nella corretta maniera, con il + per il passaggio alla marcia superiore rivolto verso il pilota.
Per godere appieno delle notevoli qualità della scocca, regolo il Porsche Stability Management (PSM) in Off e giro la “rotellina” – ghiotta novità degli ultimi modelli Porsche – nella posizione più performante Sport Plus. Le altre tre configurazioni disponibili sono: Normal, Sport ed Individual, oltre al tasto Sport Response che configura il motore ed il cambio nella modalità più prestazionale per venti secondi. Libera dalle briglie elettroniche e con il sistema di regolazione degli ammortizzatori (PASM) in Sport, la Boxster S diventa decisamente tecnica ed affilata.
Sensibile ai trasferimenti di carico come le GT di razza, impone un utilizzo misurato dello sterzo, che brilla per velocità e precisione
L’anteriore inserisce con grande decisione senza prestare il fianco al sottosterzo, ed il sovrasterzo è lì a disposizione: sta al pilota sfruttarlo nel modo migliore. Sensibile ai trasferimenti di carico come le GT di razza, impone un utilizzo misurato dello sterzo, che brilla per velocità e precisione. Più diretto rispetto alla vecchia Cayman è derivato da quello della 911 Turbo, indubbiamente ben tarato arricchisce l’esperienza di guida. Ottimo il rendimento delle gomme Pirelli PZero N1 in mescola e disegno specifico Porsche (235/35 ZR20 davanti e 265/35 ZR20 dietro), offrono un grip notevole e costante
nell’utilizzo in pista pur non essendo delle “vere” semi slick.
L’impianto frenante utilizza all’anteriore le pinze a quattro pistoncini della 911 Carrera, con dischi in acciaio forati da 330 mm e spessi 34 mm, al posteriore sono da 299 per 20. Notevole la modulabilità e la resistenza, da sempre un riferimento per la categoria e non solo. Perfetta la taratura, tra i cordoli come in strada, dell’Abs 9.0. L’abitacolo è lo stesso delle altre 718, razionale ed ordinato con una posizione di guida bassa ampiamente regolabile per tutte le stature.
I sedili sportivi – in pelle di ottima qualità – recano lo stemma Porsche impresso nel poggiatesta e trattengono correttamente anche nella guida più impegnata, la larghezza dei fianchi è modificabile per renderli ancora più avvolgenti. Il cruscotto è ben organizzato e di facile lettura, al centro spicca il contagiri nero con i classici numeri bianchi. Sulla destra, sono sempre consultabili la temperatura dell’acqua e dell’olio, i valori del turbo e la pressione dell’olio motore. Il responso del cronometro non lascia adito a dubbi: 1’.30”,90. Tempo di assoluto rilievo, molto simile all’1’.30”,34 della 718 Cayman S, con la quale condivide tante virtù più una: quella di poter viaggiare con il vento fra i capelli. * Tommy Maino
AC Schnitzer ACL2
Equipaggiata con un’evoluzione da 570 Cv del 6 cilindri della Bmw M4, la one-off su base Serie 2 può competere con la M4 GTS?
La sua innata tendenza al sovrasterzo obbliga a controsterzare più spesso di quanto si possa immaginare
ANCHE SE abbiamo provato alcune succose varianti della Serie 2, non le abbiamo certo trovate perfette. La M235i e la successiva M240i non ci sono infatti sembrate grintose al punto giusto e, mentre se da un lato la M2 è più divertente, dall’altro il suo assetto va spesso in crisi sulle sconnesse strade inglesi e il motore non ha molto carattere, soprattutto per essere una versione marchiata M. Il preparatore tedesco AC Schnitzer sembra però avere la soluzione giusta con la sua ACL2. Basata sulla M235i, la carrozzeria è stata modificata con l’aggiunta di parafanghi allargati di 70 mm, un generoso splitter frontale, minigonne laterali e una vistosa ala posteriore. Il risultato è un’auto che assomiglia più alla 911 GT3 RS piuttosto che non alla M2.
Tanto da far addirittura sembrare la Bmw M4 GTS quasi sottotono. Il 6 cilindri in linea di 3 litri con singolo turbo è stato rimpiazzato dal biturbo di M3/M4. AC Schnitzer offre però un upgrade da 430 a 510 Cv – 10 in più della M4 GTS. Grazie anche al nuovo impianto di scarico si arriva invece ai 570 Cv della ACL2, con la coppia che raggiunge 740 Nm, un incremento di 190 Nm rispetto al motore di M3 ed M4 di serie. Viene dichiarata una velocità massima di 330 km/h, con uno 0-100 km/h coperto in 3,9 secondi – appena 0,1 secondi in più della M4 GTS. Per supportare tali prestazioni, la ACL2 monta le sospensioni anteriori e posteriori, la barra duomi in fibra di carbonio e l’impianto frenante carboceramico di M3/M4.
Mentre il differenziale autobloccante è di tipo tradizionale, non quello attivo M montato sulle Bmw griffate M. Nonostante tutti gli sforzi profusi da AC Schnitzer, la ACL2 è solo una concept car realizzata in esemplare unico, pensata più che altro per attirare l’attenzione e per dimostrare di cosa questo tuner sia capace. L’auto ha un valore stimato di circa 170.000 euro, ma purtroppo non è in vendita. Per risparmiare peso, i sedili posteriori sono stati rimossi (senza rimpiazzarli con un roll bar), ma ci sono anche la batteria alleggerita, il cofano in fibra di carbonio e, ancora più interessante, un cambio manuale.
Il risultato è un peso a secco di 1.475 kg, 20kg meno della M2. Scegliendo il cambio manuale si possono risparmiare 25 kg rispetto al doppia frizione optional, ed è già una buona ragione per scartare il DCT. Anche se più che per il peso risparmiato, il cambio manuale sarebbe da scegliere per la sua capacità di rendere la guida ancora più intrigante. Sia a causa delle poche M3 ed M4 presenti in Inghilterra, nessuna peraltro disponibile presso l’organizzazione Bmw, la combinazione tra la grinta del motore biturbo e l’accoppiata tra leva del cambio e pedale della frizione ci conquista proprio. Anche l’interno è stato profondamente modificato, riprendendo le stesse tinte sgargianti della carrozzeria.
La zona centrale della plancia e il pannello dell’air bag lato passeggero sono entrambi verniciati di verde, oltre che impreziositi da un adesivo rosso con la scritta ACL2. I sedili a guscio Recaro sono invece rivestiti nella parte centrale in pelle verde e recano gli stemmi AC Schnitzer e ACL2. Ci sono anche la pedaliera in alluminio spazzolato e il pomello del cambio nero, come la parte finale della leva del freno a mano ripreso dalla gamma accessori AC Schnitzer, ma uno dei cambiamenti più evidenti degli interni è dato dalla diversa ergonomia della corona del volante. Il suo aspetto non mi entusiasma affatto, ma quando lo impugno con le braccia in posizione nove e un quarto non posso che apprezzarne l’ergonomia. Sfortunatamente non è altrettanto comodo quando lo impugni in zone lontane dalla posizione canonica – ma questo lo vedremo più avanti.
La leva del cambio di AC Schnitzer è un po’ più alta di quella della M2, e questo ne aumenta leggermente la corsa, ma gli innesti sono più precisi e meno gommosi. Pur essendo priva di cambio DCT, roll bar e pannelli porta in materiali compositi, la ACL2 sembra davvero una M4 GTS junior. I sedili e la posizione di guida gli assomigliano parecchio, esattamente come il modo in cui il telaio trasmette al pilota le informazioni della strada attraverso il sedile. Purtroppo la ACL2 non vanta lo stesso sound cupo e racing del 6 cilindri della GTS, ma lo scarico è comunque stato progettato per esaltare le note tipiche di questo motore, soprattutto al crescere dei giri. La perdita in termini di sound è però ampiamente ricompensata dalla crescita di grinta del motore; riesci a gustarti ognuno dei 570 cavalli che ci sono sotto il cofano.
Nella pagina a fianco: un eccesso di confidenza con il gas porta a questo… A fianco: il motore della M235i è stato sostituito da quello di M3/M4, ma potenziato a 570 Cv. Sopra: alcuni dettagli interni in tinta con la carrozzeria
Se c’è abbastanza trazione, la ACL2 reagisce istantaneamente ad ogni minimo movimento del pedale del gas, con il motore che eroga con esattezza la potenza desiderata. Quando manca la trazione, l’erogazione progressiva assicura un perfetto controllo delle ruote posteriori attraverso l’acceleratore. Il cambio manuale rende l’auto relativamente più facile da gestire. La cosa più frustrante di M3 ed M4, GTS inclusa, è la violenza con cui il cambio DTC innesta le marce in salita di marcia a gas spalancato. L’innesto è talmente brusco che non sempre le ruote posteriori riescono a gestire il picco di coppia, con la conseguenza di una brusca perdita di aderenza.
Questo comportamento non Iascia tanto tranquilli nei cambi marcia, visto che da un momento all’altro potrebbe innescarsi un brusco sovrasterzo. Con il pedale della frizione si ha un controllo diverso, quindi la ACL2 è più gestibile della M4 GTS, pur avendo 140 Nm di coppia in più. La ACL2 non monta gli stessi pneumatici Michelin Pilot Sport Cup 2 della M4 GTS. Adotta infatti Michelin Super Sport 285/25 R20, gomme più adatte alle basse temperature, oltre che all’asfalto umido incontrato durante il nostro test nel nord della Germania. La stessa misura di pneumatici all’avantreno e al retrotreno non fa desiderare più aderenza all’anteriore, e la ACL2 cambia direzione con la stessa ferocia con cui accelera.
E’ estremamente sensibile a qualsiasi tipo di comando: sterzare con troppa foga o accelerare senza i dovuti modi genera un’immediata perdita di aderenza del posteriore. Questa spiccata tendenza al sovrasterzo significa dover controsterzare più spesso di quanto si possa immaginare. E così si è costretti a usare la corona del volante in zone in cui la stessa sembra essere stata disegnata per non essere stretta dalle mani di un essere umano. Questa sensazione di precarietà di aderenza del posteriore rende comunque agilissima la ACL2, ma richiede sempre una discreta dose di attenzione e rispetto. La ACL2 è comunque equipaggiata con tutti gli ingredienti che servono.
Il passo corto, che per certi versi potrebbe quasi rendere l’auto difficile da gestire, è controllato con precisione dalla pressione esercitata sul gas. Il differenziale autobloccante Drexler lavora in modo più progressivo e naturale di quanto non faccia quello attivo M, dando così più confidenza nel far voltare l’auto usando il pedale del gas. Motore, cambio e differenziale rendono l’enorme potenza più gestibile, e la comunicatività dell’assetto aiuta ad anticipare le reazioni della ACL2.
Ma, nonostante sia controllabile, la macchina è spesso sopraffatta dalla sua grande potenza. Ciò rende stimolante cercare di domarla, e tra i suoi tanti altri deliziosi attributi, anche la sfida nel riuscire a gestire la ACL2 si trasforma in un vero e proprio piacere. Se non si riuscisse ad accaparrarsi una M4 GTS nuova, sarebbe forse il caso di provare a convincere AC Schnitzer a realizzare un’altra di queste auto.
Mercedes-Benz AMG E63
Un V8 biturbo ancora più potente di quello della AMG GT S sotto il cofano di una berlina lunga quasi 5 metri? Ebbene sì, è la Classe E più potente di sempre
Ci sono auto assai meno potenti ma molto più infide; questa invece è fantastica
LA PROVA DI UNA nuova AMG è sempre un evento che ti segni sul calendario; la Casa di Affalterbach è nota per la brillantezza dei suoi progetti e ogni novità è una nuova “esperienza sensoriale”. Se poi ti invitano al test in pista di un modello da 612 Cv e la pista è quel gioiellino di Portimao… Beh, proprio quello che mi è capitato, la prova della nuova AMG E63 S 4MATIC+, dove quella S sta per 41 cavalli, la differenza rispetto alla versione normale, che eroga “solo” 571 Cv.
Certo che sono strani ‘sti tedeschi. AMG costruisce un nuovo motore, più potente di quello installato sulla GT, e dove vanno a montarlo? Su una Classe E, un vagone di quasi 5 metri e 2 tonnellate. Sono fuori. O forse amano le sfide. Sì perché questa è stata una sfida e i progettisti teutoni, ve lo anticipo, l’hanno vinta. Vista da fuori è la Classe E che conosci, non troppo vistosa e con un certo understatement. Se la vedi per strada e non ti accorgi degli scarichi o non hai il finestrino abbassato per cogliere l’inconfondibile rombo del V8 potrebbe passare inosservata.
Sì, ha i cerchi da 19” (da 20 in opzione) ma uno potrebbe anche montarli su una turbodiesel. Dentro eleganza e sportività, la plancia degli altri modelli ma con la strumentazione virtuale in chiave sportiva che ti dà temperature, tempi e accelerazioni; belli soprattutto i sedili, quelli racing in opzione che ti avvolgono morbidamente ma con fermezza. Sulla consolle centrale il cursore con le selezioni di assetto e regolazione dell’auto: Comfort, Sport, Sport Plus e Race, ampiamente personalizzabili. Pressione sul bottoncino e classico ruggito prima del minimo sornione. Tutto come al solito. L’autore delle sonorità è l’ormai classico V8 di 4 litri, che qui ha raggiunto i 154 Cv/litro e spara sull’asfalto 612 cavalli e 850 Nm.
Sopra: la fila di led blu-viola chiarisce immediatamente l’indole di una vettura che sarà anche confortevole come un’ammiraglia, ma sotto il cofano ha pur sempre 612 Cv. A sinistra: il V8 biturbo è “affamato” d’aria e a soddisfarlo ci pensano le gigantesche “bocche” frontali
Roba da disintegrare le gomme in pochi minuti. Ecco perché hanno previsto di default la trazione integrale, non era più possibile scaricare sul solo retrotreno tutto quel ben di Dio; anche la nuova Bmw M5 sarà 4WD, non si scappa. Si chiama 4MATIC+ Performance AMG, e insieme al cambio SPEEDSHIFT MCT AMG a 9 marce, che adotta una frizione multidisco in bagno d’olio al posto del convertitore, riesce magicamente a garantire una trazione da cingolato. Sulla strada che mi porta da Lagos a Portimao l’approccio è del tutto istintivo: la E 63 è facile, anche troppo. Ci dev’essere un trucco. Ricordo la prima auto auto da 600 cavalli che guidai, la Lancia ECV con il motore Triflux, un arnese infernale, ostico.
Questa invece è saldamente sotto il tuo controllo, precisa negli inserimenti, progressiva, ovvio, solo se vuoi. Perché se pesti sul gas allora la belva fa capolino anche qui e te ne accorgi dalle accelerazioni: con il launch control sono 3,4 secondi per raggiungere i 100, una manciata di secondi in più e passi di slancio i 200. Autolimitata a 250, 260 sul tachimetro; a tavola un tecnico mi ha detto che “senza freni” fa i 332. La E 63 va forte senza fatica, facile direte voi con tutti quei cavalli. Mica vero. Ci sono auto assai meno potenti ma molto più infide; questa invece è fantastica. Non ti accorgi né del peso né delle dimensioni, gira stretta quanto vuoi, ha freni da pista e sgomma poco. Pista dicevo. Eccola.
Qui apprezzi ancor più la cattiveria del motore, che finalmente puoi scatenare in Race senza problemi. La E63 corre come un missile e anche staccando tutto (ESP e controllo di trazione, intendo) la spia dello slittamento si accende solo qualche volta. Alla fine del secondo turno comincia a piovere e mi assale un “sano” timore reverenziale. Invece niente, la AMG va come un ossessa lo stesso, con una trazione incredibile, mai vista in una vettura di serie.
Ultima chicca. In un angoletto nascosto del paddock provo la funzione Drift, che hanno disinserito su “quasi” tutte le auto in prova. A tutto vapore dietro, come ai vecchi tempi. Uno sballo, la sensazione è quella di stare su un cavallo selvaggio che ti vuole disarcionare a tutti i costi. E date le accelerazioni in gioco, arrivi subito sopra i 100, a 130 per la precisione, quando il computer decide di reinserire la trazione anteriore, giusto per evitare che ti faccia male davvero. Basta così? Eh, mi tocca, finito il turno in autodromo. Ritorno a Lagos con il settaggio in Comfort, rilassato. Mai sopra i 180, giuro.